I detenuti-attori di Augusta torneranno in scena mercoledì
prossimo (28 aprile) per mettere in scena “La giara” di Luigi Pirandello, nell’ambito di una
collaborazione tra il Comune, la biblioteca comunale e la casa di reclusione di Brucoli. Lo
spettacolo, già messo in scena il 14 aprile a porte chiuse, sarà replicato per le autorità, le
famiglie dei detenuti, docenti universitari e studenti delle scuole medie superiori invitati
dal direttore, Antonio Gelardi. Alla fine della rappresentazione si terrà un dibattito.
Ad eccezione del regista, Salvo Gennuso, animatore culturale della biblioteca comunale,
tutti i protagonisti dell’iniziativa sono detenuti: Davide Amenta, Giuseppe Casto, Andrea
Costa, Carmine De Feo, Florian Lala, Alfonso Manto, Benedetto Marino, Agostino
Romano, Dritan Skenderi; scenografo Arsen Bocai, aiuto regia Marco La Placa.
Il progetto si chiama “Teatro in carcere” ed è promosso dall’assessore alle Politiche
culturali, Sandro Speranza, da Rosaria Garufi, dirigente del settore, e dalla direttrice della
biblioteca Annamaria Reale.
Lo spettacolo è il momento conclusivo di un laboratorio durato quasi due anni, fatto di
lavoro intenso, di sperimentazione, di letture e prove, momenti in cui i detenuti hanno
cominciato a spogliarsi della loro condizione di reclusi per tentare di dare corpo e vita ad
un testo che però li riguardasse, che parlasse del loro quotidiano, della loro condizione e
dei mutamenti imposti dalla detenzione. Un percorso di riabilitazione fondato sulle
ragioni dell’arte.
“La giara” diventa, così, la metafora della loro vita, sempre intenta a far quadrare il tempo
con il lavoro, con una divisione di ruoli che diventa quasi necessaria e naturale. “La giara”
che diventa il segno della libertà, il muro oltre il quale si è liberi, che è rotto e ricostituito,
ma non come era prima, e con una bocca troppa stretta per consentire che si esca dopo che
ci si è rinchiusi dentro. La libertà si riconquista quando il muro si abbatte, e questo muro
rappresenta il pregiudizio con cui gli esseri umani vengono trattati da altri essere umani, e
che si sclerotizza fino a diventare prigione. Diventa un percorso verso una visione più
libera e giusta, dove la prepotenza lascia il posto ad un disegno di legalità, non imposta
ma appresa come prassi che serve ad abbattere i muri e a costruire scenari umani nuovi,
fuori e dentro il carcere.
prossimo (28 aprile) per mettere in scena “La giara” di Luigi Pirandello, nell’ambito di una
collaborazione tra il Comune, la biblioteca comunale e la casa di reclusione di Brucoli. Lo
spettacolo, già messo in scena il 14 aprile a porte chiuse, sarà replicato per le autorità, le
famiglie dei detenuti, docenti universitari e studenti delle scuole medie superiori invitati
dal direttore, Antonio Gelardi. Alla fine della rappresentazione si terrà un dibattito.
Ad eccezione del regista, Salvo Gennuso, animatore culturale della biblioteca comunale,
tutti i protagonisti dell’iniziativa sono detenuti: Davide Amenta, Giuseppe Casto, Andrea
Costa, Carmine De Feo, Florian Lala, Alfonso Manto, Benedetto Marino, Agostino
Romano, Dritan Skenderi; scenografo Arsen Bocai, aiuto regia Marco La Placa.
Il progetto si chiama “Teatro in carcere” ed è promosso dall’assessore alle Politiche
culturali, Sandro Speranza, da Rosaria Garufi, dirigente del settore, e dalla direttrice della
biblioteca Annamaria Reale.
Lo spettacolo è il momento conclusivo di un laboratorio durato quasi due anni, fatto di
lavoro intenso, di sperimentazione, di letture e prove, momenti in cui i detenuti hanno
cominciato a spogliarsi della loro condizione di reclusi per tentare di dare corpo e vita ad
un testo che però li riguardasse, che parlasse del loro quotidiano, della loro condizione e
dei mutamenti imposti dalla detenzione. Un percorso di riabilitazione fondato sulle
ragioni dell’arte.
“La giara” diventa, così, la metafora della loro vita, sempre intenta a far quadrare il tempo
con il lavoro, con una divisione di ruoli che diventa quasi necessaria e naturale. “La giara”
che diventa il segno della libertà, il muro oltre il quale si è liberi, che è rotto e ricostituito,
ma non come era prima, e con una bocca troppa stretta per consentire che si esca dopo che
ci si è rinchiusi dentro. La libertà si riconquista quando il muro si abbatte, e questo muro
rappresenta il pregiudizio con cui gli esseri umani vengono trattati da altri essere umani, e
che si sclerotizza fino a diventare prigione. Diventa un percorso verso una visione più
libera e giusta, dove la prepotenza lascia il posto ad un disegno di legalità, non imposta
ma appresa come prassi che serve ad abbattere i muri e a costruire scenari umani nuovi,
fuori e dentro il carcere.
Nessun commento:
Posta un commento